La più grande vergogna italiana del XX secolo

C‘è un gran parlare, in questi giorni, attorno al nuovo film di Spike Lee, "Miracolo a Sant’Anna".
Si parla di revisionismo, di resistenza, di nazismo, e se ne parla con il solito tono di polemica italiana, tanto per far capire, come ha detto giustamente Spike Lee stesso, che "le ferite della guerra civile in Italia sono ancora aperte". Se ne parla in lungo e in largo, ma forse a molti è sfuggito il nocciolo della questione.

Girotondo%20bambini%20piazza%20chiesa%20rid%20400%20a%20tagliato.jpgNel 1944, in Italia, una divisione tedesca composta per lo più da soldati poco più che maggiorenni (nel migliore dei casi) e ufficiali provenienti direttamente dai Lager si macchio di numerosi, orribili eccidi nella zona centrale della penisola. Alcune di queste stragi, come quella di Marzabotto, sono state giustamente ricordate negli anni. Altre, come quella di Sant’Anna di Stazzema, sono state invece dimenticate.
Non entrerò nei dettagli di come si svolse questa orribile vicenda, per quello ci sono le apposite voci della Wikipedia, o i siti dedicati all’argomento. Basti sapere che i tedeschi occuparono il paese trovandovi solo donne, vecchi e bambini, dato che gli uomini erano fuggiti per paura della deportazione. Anziché risparmiare i civili, però, diedero inizio ad un deliberato ed organizzato eccidio di massa, fucilando nel giro di tre ore più di 500 persone. Furono uccise famiglie intere sotto gli occhi dei bambini, e i bambini sotto gli occhi degli amici. I superstiti, per la maggior parte bambini che erano riusciti a nascondersi, spesso ancora oggi non riescono a trattenere le lacrime raccontando l’episodio. I cadaveri vennero ammassati e bruciati, insieme alla maggior parte degli edifici del paese.
Pochi mesi dopo la strage ci fu l’occupazione americana, e venne aperto un fascicolo sul caso, anzi due. Tali fascicoli, corredati di testimonianze, nomi e cognomi dei responsabili e prove a carico delle vittime, vennero compilati con solerzia da un gruppo di funzionari italiani. Poi, però, misteriosamente scomparvero, insieme a molti altri, verso la fine degli anni ’40.

Il processo per la strage di Sant’Anna, così come quelli per moltissimi altri crimini di guerra del periodo, non ebbe nemmeno inizio, e tutto finì nell’oblio del dopoguerra, sotto una coltre di voglia di dimenticare.

Strage di Sant'AnnaIl silenzio venne rotto solo nel 1994, quando accadde una serie di vicende degna dei migliori film di spionaggio. Un giornalista riuscì ad intervistare, in Argentina, il gerarca nazista Erik Priebke, portandolo a confessare (senza nemmeno sforzarsi molto) la propria responsabilità per la strage delle Fosse Ardeatine. Fu proprio cercando alcuni incartamenti necessari per l’estradizione di Priebke che il procuratore militare Antonino Intelisano rinvenne, nei sotterranei della procura militare di Roma, un armadio rinchiuso  sotto chiave in uno sgabuzzino sprangato, appoggiato con le ante rivolte verso il muro. Questo armadio, noto ora come "l’armadio della vergogna", una volta aperto si rivelò ricolmo di tutti i fascicoli sugli eccidi degli anni ’40. Si parla di oltre 700 fascicoli, per più di duemila crimini. In più di 400 di essi era già riportato nome e cognome dei responsabili.

Intervistato sull’accaduto, il giornalista che ha seguito l’intera vicenda per l’espresso ha descritto questo insabbiamento come "la più grande vergogna italiana del XX secolo". Tristemente mi trovo d’accordo con lui.

Come mai una simile mole di documenti è stata nascosta nel ventre della procura militare per 50 anni? La risposta, a quanto pare, si trova nelle decisioni politiche che stavano alla base dei rapporti fra le potenze nei primi anni ’50. Dopo la fine della guerra divenne presto chiaro che la Germania dell’Ovest si sarebbe tramutata in fretta, da nemico, a prezioso alleato. Viceversa l’alleato sovietico divenne il nemico numero uno del blocco occidentale. Quale decisione più pericolosa allora, per uno stato della NATO (l’Italia) di chiedere l’estradizione di decine e decine di inquisiti residenti proprio nel paese chiave del blocco (la Germania dell’Ovest)? Non solo: a quanto pare nemmeno i generali italiani di stanza all’estero si sarebbero rivelati dei maestri di virtù durante gli anni della guerra (chi l’avrebbe mai detto?) e quindi il silenzio sulle stragi naziste si tramutò anche in un prezzo da pagare per avere l’omertà su fatti atroci avvenuti per esempio in Croazia, in Albania e in Somalia.

Una volta emerso di nuovo il fascicolo sulla strage di Sant’Anna, però, non venne istituito alcun processo. Bisognava attendere il 2004 prima che una giornalista tedesca intervistasse, in esclusiva, un’ex soldato nazista che aveva partecipato alla strage. Venutolo a sapere il sindaco di Sant’Anna di Stazzema riuscì finalmente a far istruire un processo, nel quale vennero condannati però soltanto gli ufficiali della divisione di stanza nella zona. Ovviamente, essendo gli imputati ultraottantenni, nessuno di loro fece mai un giorno di prigione. Ma direi che, a questo punto, sarebbe stato indifferente. Soprattutto per tutti i superstiti, i parenti, gli amici morti nel frattempo, tra il 1944 e il 2007, morti senza sapere se un giorno sarebbe mai stata fatta giustizia.

P.S. La foto in alto ritrae alcuni dei bambini del paese, e venne scattata alcuni giorni prima della strage.

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